Tinder e il controllo della fedina penale
Match Group, la compagnia americana proprietaria di Tinder, ha annunciato la propria partnership con Garbo, la piattaforma no profit di controllo dei precedenti online. L’ente, fondato nel 2018 da Kathryn Kosmides con l’obiettivo di prevenire la violenza di genere ed i crimini in ambito digitale, consente l’accesso ad informazioni contenute in registri pubblici e segnalazioni di violenze e abusi, inclusi arresti, condanne, ordini restrittivi, molestie e altri crimini violenti, attraverso nome e cognome di una persona oppure il numero di cellulare. È così che, grazie a questa collaborazione, in vista di un incontro si potrà controllare il passato del proprio match, nella speranza di scongiurare pericoli per la propria incolumità.
Le restrizioni dell’ultimo anno hanno incrementato il tasso di coinvolgimento ed interazioni degli utenti della dating app. Si pensi che la BBC News, il 29 marzo 2020, riportò il record di tre miliardi di swipe globali in un giorno.
Allo stesso tempo, però, l’app è stata oggetto di numerosi dibattiti per alcune sue scelte in tema privacy.
La collaborazione con Garbo, infatti, è solo l’ultima novità. Grazie alla partnership tra Match Group e Noonlight, debuttata sul mercato statunitense nel 2020, per gli utenti di alcuni mercati pilota è possibile attivare il cd “bottone antipanico”, che rintraccia l’ubicazione degli stessi e informa le autorità qualora dovessero insorgere problemi di sicurezza. Peccato, però, che questo rischia di trasformarsi nell’ennesima raccolta di dati degli utenti. Una volta effettuato il download di Noonlight, infatti, questa integrerà le sue funzionalità con Tinder, ma potrà anche condividere i dati raccolti con i suoi partner, tra cui figurano Facebook, YouTube, ma anche Branch e Braze, piattaforme specializzate nel retargeting di contenuti sponsorizzati che analizzano i comportamenti dell’utente attraverso i suoi dispositivi. Al fine di contrastare il fenomeno del catfishing, inoltre, sono stati introdotti nuovi strumenti, come la verifica delle foto del profilo tramite tecnologie di riconoscimento facciale, per ora anch’essi attive solo in alcuni marcati.
Le iniziative, tutte lodevoli, convogliano nell’interesse di garantire maggior sicurezza all’utilizzatore. La preoccupazione che individui già noti alle forze dell’ordine per reati di violenza sessuale siano attivi e possano agire indisturbati attraverso le piattaforme di incontri online, certamente, è elevata. Ma il pericolo di distorsioni e discriminazioni di soggetti non ancora giudicati colpevoli, o che abbiano espiato la propria pena, contrasta con garanzie altrettanto importanti.
Fermo restando che Tinder ha sempre permesso ai propri utenti – e sembra che continuerà a farlo – di nascondere tutti i dati personali come nome, cognome e bio, tale meccanismo risulta davvero efficace?
Nel tentativo di approntare quante più cautele possibili, forse, si elaborano risposte più sbagliate dei problemi che le hanno occasionate e il rischio di amplificare le conseguenze di distorsioni razziali e stereotipate, già abbondantemente denunciate in America, è dietro l’angolo. Senza considerare che l’affidabilità dei database nazionali raggiunge soglie davvero critiche, arrivando a picchi del 41% di errore.
In verità non sono trascurabili le logiche di mercato che si celano dietro a tali scelte.
Ciò che bisognerebbe chiedersi è se, nel delicatissimo bilanciamento tra sicurezza e privacy, questa misura possa effettivamente risultare giusta per tutelare le donne da incontri pericolosi. La condivisione di dati così sensibili abbasserà il tasso di violenza di genere?
Senza dubbio queste misure segnano un’importante innovazione negli appuntamenti online, che certamente si convertono in un miglior posizionamento sul mercato delle società controllate da Match Group.
In ogni caso, benché le app di incontri promuovino l’interazione con persone sconosciute, il buon senso è sempre raccomandabile. Così come indicato nelle linee guida della Community di Tinder, infatti, è doveroso segnalare ogni comportamento che non rispetti il codice di condotta e seguire i consigli per un appuntamento sicuro.
Al di là di ogni valutazione di merito sulla legittimità delle misure in fase di sperimentazione, un’esperienza digitale sicura passa da un utilizzo consapevole di questi mezzi da parte dei consumatori. Per questa ragione è indispensabile seguire le indicazioni contenute nel Vademecum elaborato dal Garante Privacy sulle dating app, ed evitare la pubblicazione di informazioni molto riservate (sì, anche quella di essersi sottoposti alla vaccinazione contro il Covid), anche se questo potrebbe garantirci un match in più.
Lidia Iannibelli