SOSPENSIONE DEI BREVETTI SUL VACCINO COVID-19: NON È SOLO QUESTIONE DI DIRITTI
Di recente, il Presidente degli USA Joe Biden ha proposto la sospensione temporanea dei brevetti relativi ai vaccini per il Covid-19 al fine di accelerare la campagna vaccinale e, di conseguenza, la fine della pandemia.
Come noto, la summenzionata proposta ha suscitato non pochi dibattiti e polemiche a livello mondiale, rinvigoriti dagli esiti del Global Health Summit tenutosi a Roma lo scorso 21 maggio.
L’apparente pugno di ferro tra il diritto alla salute e quello alla tutela della proprietà intellettuale
Molte delle polemiche relative alla sospensione dei brevetti vertono, prima facie, sul diritto delle case farmaceutiche alla tutela la proprietà intellettuale dei prodotti dalle stesse sviluppati.
Tuttavia, se il punto fosse esclusivamente una questione di diritti si potrebbe agevolmente rispondere che il mondo giuridico è fatto di norme che dialogano, si contrappesano e si bilanciano tra di loro.
La tutela di ciò che è creato dall’ingegno umano da possibili sfruttamenti altrui è certamente un diritto riconosciuto come cogente a livello mondiale ma, d’altro canto, il diritto alla salute – corollario del diritto alla vita e all’integrità fisica – costituisce ormai da tempo un baluardo di civiltà che difficilmente può essere considerato soccombente rispetto ad altri.
La ricerca di un difficile equilibrio
Sarebbe tuttavia fuorviante ritenere – e sostenere – che la questione possa essere semplicemente ricondotta al tema del “dialogo tra diritti”. La situazione è certamente più complessa e gli interessi in gioco sono ben più delicati.
Innanzitutto, occorre considerare, com’è evidente, l’interesse delle aziende farmaceutiche allo sfruttamento economico del proprio know-how su scala globale.
A ciò si aggiungono i già precari equilibri economico-politici delle varie potenze mondiali coinvolte nella risposta all’emergenza sanitaria, chiamate nel Global Health Summit a una cooperazione multilaterale volta superare i confini tra Stati per affrontare le sfide della pandemia.
Nell’ambito della summenzionata cooperazione è stata quindi prospettata la promozione di strumenti quali accordi di licenza volontaria, trasferimento volontario di tecnologia e know-how, nonché accordi per il patent pooling, con i quali le big pharma potrebbero condividere le rispettive tecnologie esclusivamente su base volontaria, in favore dei Paesi in via di sviluppo gravemente colpiti e affaticati dalla pandemia.
La condivisione del know-how salverà davvero il mondo?
Alla luce delle considerazioni di cui sopra, occorre allora chiedersi se lo sforzo di promuovere la libera circolazione delle informazioni in ambito farmaceutico potrebbe effettivamente essere la “chiave di volta” nella risoluzione della crisi pandemica o se il tutto si tradurrebbe in un gravoso e inutile esito.
Gravoso, da un lato, in quanto un’eccessiva condivisione del sapere potrebbe limitare l’incentivo delle case farmaceutiche alla ricerca per l’innovazione e inutile, dall’altro, perché permarrebbero in ogni caso i limiti di supply chain legati soprattutto alla difficoltà di reperire i materiali necessari per sostenere la produzione di massa dei vaccini.
Il rischio parrebbe essere stato subodorato nell’ambito del summit dello scorso 21 maggio, nell’ambito del quale è stata in primis affermata la necessità di incrementare gli sforzi per rafforzare le catene di approvvigionamento, aumentare la capacità globale di produzione e implementare l’equa disponibilità degli strumenti di contrasto al virus.
Conclusioni
Come anticipato, appare evidente che la soluzione al problema in oggetto non potrà risolversi se non con compromessi che, si badi bene, sono tutt’altro che giuridici.
Al di là delle dichiarazioni dei leader, non ci resta ora che attendere le prossime mosse deli Stati a seguito dei principi e degli impegni guida sanciti nella Dichiarazione di Roma.
L’auspicio, ovviamente, è riuscire a rafforzare la solidarietà globale, utilizzando l’innovazione farmaceutica come spinta per la ripresa dalla pandemia e non come freno a una governance efficace del sistema sanitario mondiale.
Ariella Fonsi