Raggiunta un’intesa tra YouTube e Trump
Contesto e motivazioni della causa
Dopo i fatti del 6 gennaio 2021, YouTube aveva sospeso l’account del presidente Donald Trump, impedendogli di caricare nuovi video, citando “preoccupazioni relative al potenziale continuo di violenza”. Trump e i suoi legali ritenevano che questa sospensione fosse una forma di censura politica e un’azione coordinata con il governo federale per sopprimere le sue opinioni considerate conservatrici.
Nei mesi successivi, Trump ha intentato causa contro tre grandi aziende tecnologiche: Meta (Facebook/Instagram), Twitter (poi rinominato “X”) e YouTube (Alphabet), accusandole di violare i suoi diritti costituzionali in materia di libertà di parola (First Amendment) e di asservirsi a pressioni politiche. Nel 2025, le aziende erano già arrivate a un accordo: Meta aveva accettato di versare 25 milioni di dollari, e X circa 10 milioni; YouTube è stato l’ultimo dei tre grandi player a dirimere la controversia.
Dettagli dell’accordo
Il 29 settembre 2025, è stato reso noto che YouTube ha accettato di pagare 24,5 milioni di dollari a titolo di composizione bonaria della controversia:
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22 milioni saranno versati “per conto di Trump” al Trust for the National Mall, un ente no-profit che si occupa del restauro e sviluppo del National Mall e che contribuirà alla costruzione di una nuova sala da ballo per la Casa Bianca promossa da Trump (il “White House State Ballroom”).
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2,5 milioni saranno distribuiti agli altri attori della causa, tra cui l’American Conservative Union e l’autrice Naomi Wolf.
YouTube, e dunque Alphabet, non ha ammesso alcuna colpa né cambierà le sue politiche o prodotti come parte dell’accordo. Peraltro, l’account di Trump era già stato reintegrato su YouTube nel 2023, quindi il patteggiamento non riguarda il ripristino dell’account — che è già avvenuto — ma piuttosto la richiesta di risarcimento per i danni subiti in seguito alla sospensione del 2021.
Aspetti legali e strategici
Sin dall’inizio, molti esperti legali erano scettici riguardo alla forza del caso di Trump, soprattutto in considerazione che le piattaforme digitali private possiedono diritti propri: non sono organi statali, e le leggi americane generalmente concedono loro una notevole libertà nella moderazione dei contenuti. YouTube, nella documentazione legale, aveva sostenuto che costringere la piattaforma a ospitare contenuti contro la sua politica interna “contraddirebbe il diritto del First Amendment” proprio della piattaforma.
Tuttavia, Trump e i suoi avvocati hanno sostenuto che la sospensione fosse stata attuata in risposta a pressioni da parte di membri del governo federale, rendendola una forma di censura “statale camuffata” — un argomento più difficile da confutare se riuscissero a mostrare una connessione concreta tra le decisioni aziendali e interferenze governative. Questo tipo di doglianze — che cercano di dare alle piattaforme private un obbligo “imposto dal governo” — ha rappresentato un nodo centrale nelle trattative e nelle strategie legali di entrambe le parti. Da parte sua, Alphabet / YouTube probabilmente ha scelto il percorso della transazione per evitare ulteriori incertezze legali, spese processuali e potenziali rischi reputazionali, optando per limitare l’esposizione economica e mediastica. The Verge ha fatto notare che che Google potrebbe aver voluto un accordo “inferiore” a quello che Meta aveva già firmato, per contenere danni di immagine e costi.