Recensione “Viaggio nel Futuro”
Sarà probabilmente una particolare coincidenza per i meno fatalisti o un interessante segno del destino per i più romantici, ma senza ombra di dubbio il 28 ottobre 2021 è una data che per i più attenti alle novità non è di certo passata inosservata. Infatti, non solo il noto fondatore del social network Facebook – nonché il più grande latifondista dell’era digitale – Mark Zuckerberg, ha ufficializzato che la società che controlla rispettivamente Facebook, Instagram e Whatsapp prenderà il nome di Meta, da cui si ricava l’ambizioso obiettivo di “contribuire alla nascita del Metaverso”, ma lo stesso giorno, casualmente, è uscito in tutte le librerie un saggio che di futuro e, per certi aspetti, anche di “metaverso” ne parla davvero.
Si badi però bene dal pensare che “Viaggio nel futuro” abbia i tratti del classico romanzo che narra di vicende fantascientifiche in cui si immagina un mondo dominato e governato dai Robot. Al contrario, infatti, l’autore – Angelo Alù – interrogandosi sulla fine delle certezze che caratterizzano i tradizionali paradigmi di vita cui siamo abituati, affronta lo tsunami della rivoluzione digitale in chiave nuova e del tutto geniale, con un linguaggio disinvolto, semplice e diretto. Senza alcuna pretesa profetica si affrontano delle riflessioni che hanno l’intento di descrivere i possibili scenari che affronteremo nei prossimi anni, a seconda di come si supereranno le difficoltà esistenti: la “normalità” pre-Covid esisterà ancora? Quale sarà l’impatto delle tecnologie sulla vita delle persone anche a fronte di nuove visioni che vedono come nuovi attori protagonisti algoritmi predittivi in apprendimento automatico?
Del resto, è noto, che nella narrazione secolare del mondo ai cambiamenti sono sempre stati attribuiti retrogusti di paure e angosce (si pensi che già nel 400 a.C. si temeva la scrittura perché si pensava potesse cancellare la memoria e nel 1820 si credeva addirittura che i treni avrebbero fatto muovere gli uteri delle donne), ma il punto è che oggi – come spiegato abilmente nel saggio – chi rifiuta la crescita esponenziale del nuovo ecosistema basato sulla centralità ICT, verrà catapultato senza alcuna via d’uscita in un business caratterizzato da una totale incertezza, le cui radici spesso si legano alle note “procedure concorsuali ottocentesche che selezionano, nell’ambito di modalità organizzative obsolete, abilità ormai superate non più in linea con le reali esigenze dell’attuale mercato del lavoro”.
Quella che l’autore propone ai lettori è, pertanto, una sfida.
Una sfida non esente, tuttavia, da particolari insidie dal momento che tra l’altro – nell’era della condivisione – si profilano, come ampiamente analizzato attraverso un’affascinante e pungente prosa, rischi inerenti alla “morte della privacy” o alla piaga della disinformazione online.
Viviamo nell’era della cristallizzazione delle nostre impronte e del nostro io nel “presente continuo” del web. Ci confrontiamo in uno spazio in cui le bolle di filtro, applicate alla navigazione, determinano una vera e propria “polarizzazione ideologica” delle informazioni. Siamo in grado di realizzare realtà alterate tramite sistemi di Intelligenza Artificiale che grazie alla raccolta di contenuti multimediali accumulati online e disponibili sui social sono in grado di creare scenari iperrealistici al fine di “ingannare” gli utenti (cd. Deep fake).
Pertanto, a fronte di queste premesse, siamo ancora sicuri che basti semplicemente cercare di sopravvivere – senza una vera e propria visione – in un momento in cui la dimensione ‘online’ e ‘offline’ si integrano senza precedenti?
La pandemia da Covid-19 ha cambiato definitivamente il mondo in modo irreversibile: dopo il primo shock iniziale e generale, sembra delinearsi un nuovo ordine globale da cui deriveranno profonde implicazioni economiche, sociali e geopolitiche configurabili a lungo termine.
I colossi del Web dimostrano di essere società gestionalmente perfette dalle indiscutibili abilità imprenditoriali e in Cina, la Corte Suprema, ha di recente sostenuto il valore legale vincolante nelle controversie giudiziarie delle prove autenticate con tecnologia Blockchain.
È questo quello che viene affrontato, raccontato e discusso in “Viaggio del futuro”: una realtà che con molta probabilità sarà ricordata come una fase storica di temporanea transizione in vista del definitivo avvento di un nuovo “impero virtuale”.
È doveroso concludere con una domanda che si trova al termine della “seconda tappa del viaggio”, ma che di sicuro lascia spazio a immense riflessioni: “c’era una volta lo Stato, domani ci sarà Google?”
Federica Giaquinta