Sì alle nuove condizioni d’uso di Tiktok
Sinteticità, precisione e chiarezza sulle conseguenze – anche economiche – derivanti dall’adesione al contratto permettono di superare la presunzione di vessatorietà contenuta nel codice del consumo.
Il procedimento: il dubbio di vessatorietà
Nel corso del 2021, sulla base delle segnalazioni pervenute da Associazioni italiane a tutela dei consumatori, l’Autorità italiana Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un procedimento istruttorio (CV224) nei confronti di TikTok Technology Limited, società operante nel settore dei social media ed esercente “servizio di piattaforma per la condivisione di video”.
Nell’avviare il procedimento, l’Autorità rappresentava al Professionista che le clausole contenute nelle “Condizioni di servizio” (Condizioni generali per l’accesso e la fruizione del social network dettate unilateralmente dalla Piattaforma) avrebbero potuto risultare – all’esito dell’istruttoria – come vessatorie (cioè ingiustamente squilibrate in favore di chi le ha predisposte) per i consumatori operanti nel territorio europeo e nazionale ai sensi degli artt. 33, comma 1 e 2, lettere b), d), g), h) e m), nonché 34, comma 1 e 35 del Codice del consumo (in avanti Cdc).
La presunzione di vessatorietà
Anche in considerazione del fatto che, ai sensi dell’art. 33, comma 2 Cdc, si presumono vessatorie le clausole contenute nei contratti tra professionista e consumatore riguardanti aspetti contrattuali idonei a sbilanciare il rapporto in favore del professionista predisponente. Tra cui, lo ius variandi (diritto unilaterale a modificare, in corso d’opera, le condizioni generali del contratto); la manleva e l’esclusione di garanzie in favore del consumatore; la limitazione di responsabilità in favore del Professionista; la licenza in favore della Piattaforma sui contenuti realizzati e pubblicati dai singoli Utenti iscritti alla Piattaforma.
Conferme e modifiche
Nello specifico, conclusa l’istruttoria e valutate le difese della Piattaforma, l’Autorità ha confermato l’inidoneità di tali previsioni contrattuali, rilevando – da una parte – un generale difetto informativo dell’utente e – dall’altra – una scarsa leggibilità e comprensibilità della disposizione.
In particolare, sul punto, si è evidenziato che – in conformità con quanto statuito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia – il dovere di informazione e trasparenza contrattuale posto in capo al Professionista, va interpretato in modo estensivo, per cui le clausole, in correlazione tra loro, “devono consentire al consumatore di valutare, sulla base di criteri precisi e intellegibili, le conseguenze anche economiche che derivano dall’adesione al contratto”.
In virtù di tali considerazioni, espresse dal Garante nel corso dell’istruttoria, la Società ha quindi predisposto nuove clausole contrattuali, giudicate dall’Autorità idonee perché “più chiare e sintetiche”, oltre che palesi nel manifestare il modello di business adottato dalla Piattaforma, con specifico riferimento al ruolo e all’incidenza dei Professionisti terzi interessati al valore pubblicitario e commerciale del Social network nonché dell’alto valore economico dei dati personali e dei contenuti gratuitamente licenziati alla Piattaforma dai consumatori.
Tra evidenze e carenze
A parere di chi scrive, il provvedimento dell’Antitrust italiano rappresenta un importante cartina al tornasole del sempre maggior squilibrio tra gli operatori del mondo digitale e dell’importanza, dal punto di vista delle tutele, di una disciplina orientata ed effettiva come quella a tutela dei consumatori nei rapporti B2C (dove C sta per Consumer).
D’altro canto, palesa anche l’esistenza di un crescente vuoto normativo, quello della tutela dei Client, cioè degli operatori professionali di piccole e medie dimensioni che, sempre più, anche per esigenze di sopravvivenza nel proprio business, si trovano – così come i consumatori – a dover subire lo strapotere commerciale e contrattuale dei colossi del digitale, senza poter contare sulla capacità dissuasiva e correttiva di un intervento riduttivo delle asimettrie contrattuali come quello sinora descritto.
Annotazione a margine.
La disciplina dell’esercizio del servizio di piattaforma per la condivisione di video è stata regolamentata, a livello europeo, dalla Direttiva 2018/1808, attuata in Italia con d. lgs 8.11.2021 n. 208, entrato in vigore il 25 dicembre scorso. Il tema è stato trattato in questo Blog al seguente link:
Umberto Ricciardelli