Estinzione della sanzione amministrativa: il rapporto tra contestazioni e accertamento secondo l’ordinanza n.38510/2021 della Cassazione.
Il Garante per la protezione dei dati personali, nel gennaio 2015 aveva avviato diverse ispezioni presso l’azienda Ospedaliera Sant’Andrea; a tale attività seguiva lo scambio di documenti tra l’Autorità e la struttura.
L’indagine affondava le proprie origini da presunte violazioni dell’art. 162, comma 2 bis, del d.lgs. n. 196 del 2003 (pre-abrogazione ad opera del d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101) ed era culminata con la comminazione di una sanzione amministrativa per euro 10.000,00, con provvedimento notificato il 25 giugno 2015.
L’ultima comunicazione ricevuta dal Garante il 26 gennaio 2015 evidenziava che l’Azienda Ospedaliera aveva omesso di designare i soggetti che trattano dati personali quali incaricati del trattamento ai sensi dell’art. 30 del Codice. Inoltre, nonostante le successive deliberazioni degli organi interni, non era rinvenibile la documentazione richiesta dall’Autorità.
Ebbene, stando a quanto eccepito dalla struttura ospedaliera, l’attività ispettiva si sarebbe conclusa nel momento in cui questa ha comunicato di non avere i documenti richiesti in esibizione (in data 6 marzo 2015) e che, in quella data, l’Autorità era già in possesso di tutti gli elementi sufficienti per poter procedere nei suoi confronti. Al contrario, la contestazione e la notifica erano avvenute oltre il termine di 90 giorni rispetto a quello di chiusura dell’istruttoria. Tale ritardo, in violazione dell’art. 14 comma 6 della Legge 24 novembre 1981, n. 689, è punito con l’estinzione dell’obbligazione di pagamento della sanzione.
La struttura sanitaria, quindi, adiva il Tribunale di Roma, presso il quale otteneva una pronuncia di accoglimento.
La questione, poi, è stata sottoposta anche all’attenzione della Cassazione, presso la quale il Garante si è rivolto fondando il proprio atto sulla base di un unico motivo di ricorso. In particolare, secondo quanto sostenuto dal Ricorrente, la corte territoriale aveva erroneamente considerato soddisfatta la piena conoscenza della condotta illecita contestata all’Azienda alla data del 6 marzo 2015, non rappresentando – la sola lettura della documentazione prodotta dalla struttura ospedaliera – elemento sufficiente per la valutazione della condotta attenzionata.
La decisione (conclusioni).
La Suprema Corte di Cassazione, Sez. VI, con l’ordinanza del 6 dicembre 2021 n. 38510/2021, ha pronunciato l’infondatezza del motivo e la contestuale inammissibilità del ricorso; infatti, il Garante non avrebbe fornito alcun elemento sufficiente (retius, non ha mai fornito durante il giudizio di merito alcun elemento) atto a dimostrare che vi fosse stata la necessità di estendere l’attività istruttoria oltre la data del 6 marzo 2015 e che, pertanto, il giudice di merito avesse ben qualificato la fattispecie estintiva in ossequio a quanto disposto all’art. 14 della L. n. 689 del 1981.
Gravava, quindi, sull’Autorità dimostrare quali elementi abbisognassero di acquisizione e/o valutazione ulteriore, non potendo tale valutazione essere effettuata dalla Cassazione né dal giudice del merito.
Antonio Allocca