L’incostituzionale aggiunta del nuovo coautore dell’opera cinematografica nel recepimento della direttiva 2019/790/UE*
Sommario: 1. Introduzione – 2. La violazione dell’art. 76 Cost. – 3. …nonché dell’art. 3 Cost. – 4. Una proposta emendativa rispettosa del quadro costituzionale
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Introduzione
Anche l’Italia, seppur con qualche ritardo, ha provveduto alla trasposizione della direttiva 790/2019/UE1 (anche nota come direttiva “digital copyright”). Il decreto legislativo di recepimento ha visto la tanto attesa pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dopo ben 19 giorni dalla promulgazione del Presidente della Repubblica2. Accademici e professionisti fremevano dall’impazienza di leggere la versione finale del testo deputato ad aggiornare il diritto d’autore nel cd. mercato unico digitale. E ciò a ragion veduta, considerata la decisività del nuovo assetto di interessi divisato dalla direttiva sulla prosperità dei mercati creativi.
Da una prima lettura del testo ufficiale licenziato dal Governo, ci si è presto imbattuti in quello che potrebbe (s)convenientemente definirsi un corpo estraneo: la lettera d) dell’art. 1! Essa introduce una modifica all’art. 44 della legge sul diritto d’autore (l. 633/1941, di seguito “l.d.a.”), la disposizione italiana riservata all’individuazione dei coautori dell’opera cinematografica nella quale vengono annoverati segnatamente l’autore del soggetto, l’autore della sceneggiatura, l’autore della musica ed il direttore artistico, meglio noto come regista. Ad aprile 2022 questa norma avrebbe compiuto ottant’anni di illibatezza dalla mano del legislatore. Ma così non potrà più essere se si tiene conto della novella in oggetto, la quale aggiunge un nuovo coautore al quartetto appena menzionato: il traduttore3.
Tuttavia, l’improbabile idoneità della modifica de qua a superare il vaglio di legittimità costituzionale fa ben sperare che l’art. 44 l.d.a. possa comunque raggiungere il suo ottantesimo anno di età, vantando l’immacolatezza dall’azione legislativa.
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La violazione dell’art. 76 Cost.
In primis, nella legge di delegazione europea contenente i princìpi e i criteri direttivi per il recepimento della direttiva digital copyright4 non vi è alcuna traccia dell’attribuzione al Governo di un potere di intervento sul plesso normativo dedicato alle opere cinematografiche, di cui agli artt. 44-50 l.d.a., men che meno sulla specifica norma recante l’individuazione dei coautori di tale opera, come designati ai sensi del menzionato art. 44 l.d.a. La stessa direttiva è sprovvista di qualsivoglia riferimento in tal senso.
Non sembra quindi balzana l’idea di paventare il rischio di un eccesso di delega da parte del Governo italiano. A tal riguardo, la Corte Costituzionale si è più volte pronunciata sull’interpretazione dell’art. 76 Cost., fornendo alcune coordinate ermeneutiche sulla spinosa questione della marge de manœuvre a disposizione del legislatore delegato nell’attuazione della delega5. In proposito, è stato affermato il principio di diritto secondo cui «Il sindacato costituzionale sulla delega legislativa deve […] svolgersi attraverso un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli, riguardanti, da un lato, le disposizioni che determinano l’oggetto, i princìpi e i criteri direttivi indicati dalla legge di delegazione e, dall’altro, le disposizioni stabilite dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i princìpi e i criteri direttivi della delega. Il che, se porta a ritenere del tutto fisiologica quell’attività normativa di completamento e sviluppo delle scelte del delegante, circoscrive, d’altra parte, il vizio in discorso ai casi di dilatazione dell’oggetto indicato dalla legge di delega, fino all’estremo di ricomprendere in esso materie che ne erano escluse»6.
È stato inoltre precisato che qualora si tratti di deleghe per il recepimento delle direttive europee – come nel caso de quo –, la definizione dei limiti entro i quali può esplicarsi la discrezionalità del legislatore delegato deve essere correlata alle finalità poste a livello europeo7.
Nel caso di specie, se si tiene conto che l’obiettivo della direttiva digital copyright, come espressamente affermato al Considerando 83, è quello di assicurare «l’aggiornamento di alcuni aspetti del quadro giuridico dell’Unione relativo al diritto d’autore per tener conto degli sviluppi tecnologici e dei nuovi canali di distribuzione dei contenuti protetti nel mercato interno» si può facilmente inferire che una norma devota a modificare i ruoli autoriali dell’opera cinematografica esorbiti dagli spazi di discrezionalità esercitabili in base agli obiettivi e all’oggetto della direttiva, nonché in relazione a quelli sanciti dalla rispettiva legge delega. Invero, non si può che avvertire un marcato sconfinamento rispetto alla pura attività di completamento e sviluppo delle scelte del legislatore delegante. Ciò depone senz’altro in favore dell’illegittimità costituzionale per eccesso di delega della novella in commento, per violazione dell’art. 76 Cost.
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La violazione dell’art. 3 Cost.
In secundis, la novella legislativa in commento eredita ed enfatizza il “peccato originale” che già comprometteva la bontà della squadra di coautori eletta dal legislatore italiano all’emanazione della l.d.a. in quanto foriera di un trattamento discriminatorio tra collaboratori – in potenza – parimenti creativi. Invero, la norma dispone una presunzione assoluta di “coautorialità” in favore di un elenco chiuso di collaboratori, escludendo aprioristicamente altri soggetti in grado di conferire un apporto decisivo all’originalità dell’opera finale, quali, ad esempio, il direttore della fotografia, il direttore dell’animazione (per i film d’animazione), il montatore o il costumista.
Com’è stato argutamente rilevato dalla Corte d’appello di Roma, «l’opera cinematografica nasce dall’unione e coordinazione, per opera del regista, di diversi contributi creativi aventi carattere e tutelabilità che la legge sul diritto d’autore elenca all’art. 44, e […] alla realizzazione di un film possono partecipare “creativamente” anche altri soggetti, ignorati dal legislatore del 1941, quali lo scenografo, il costumista, il fotografo ed il doppiatore, autori di altrettante opere dell’ingegno» [corsivo aggiunto]8.
Peraltro, lo stesso legislatore, all’art. 5, comma 2, del d.lgs. 28/2004 ha implicitamente ammesso, seppur per fini diversi, la rilevanza di alcuni ruoli cinematografici non menzionati dall’art. 44 l.d.a., quali lo scenografo, gli interpreti, l’autore della fotografia, il montatore ed il costumista. Se il loro apporto fosse davvero secondario rispetto a quello dei coautori già tipizzati dalla l.d.a., allora non si vede perché il legislatore si sarebbe scomodato a dedicarvi una disposizione che attribuisce loro una specifica rilevanza giuridica9.
Orbene, la scelta politica del Governo risulta incomprensibile per almeno due ragioni: (i) non si è proceduto ad includere alcuno dei ruoli potenzialmente creativi «ignorati dal legislatore del 1941» quali segnatamente lo scenografo, il costumista, il fotografo, il montatore, nonostante l’espresso monito giurisprudenziale10 ed un chiaro indice normativo in tal senso11, (ii) se la ratio della novella in oggetto era quella di aggiornare il team di coautori dell’opera cinematografica in relazione ai nuovi modelli di business originati dalla globalizzazione e dalla digitalizzazione del mercato audiovisivo non risulta spiegabile la ragione per cui il direttore della fotografia e il direttore dell’animazione – la cui attività pare essere ontologicamente più creativa rispetto a quella dei traduttori – non possano anch’essi reputarsi coautori.
I suesposti argomenti non possono che deporre a favore dell’illegittimità costituzionale dell’art. 1, lett. d) del d.lgs. 177/2021 per irragionevole disparità di trattamento tra ruoli – quantomeno in potenza – egualmente creativi, in aperta violazione dell’art. 3 Cost.
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Una proposta emendativa rispettosa del quadro costituzionale
La forte probabilità che la modifica in oggetto non superi il vaglio di legittimità costituzionale rende auspicale che la rinnovata attenzione posta sull’art. 44 l.d.a. solleciti un nuovo intervento normativo maggiormente meditato e capace di tener conto delle istanze di valorizzazione e remunerazione di tutte le altre funzioni (potenzialmente) creative nell’ambito dell’industria audiovisiva, senza al contempo sacrificare in misura eccessiva le esigenze di certezza del diritto.
Poste tali coordinate assiologiche, reputo opportuno che il legislatore italiano modifichi la norma mutuando la soluzione prospettata dal modello francese, il quale all’art. L. 113-7 del rispettivo codice della proprietà intellettuale stabilisce che: «Hanno la qualità di autore di un’opera cinematografica la o le persone fisiche che realizzano la creazione intellettuale dell’opera. Si presumono, salvo prova contraria, coautore di un’opera cinematografica realizzata in collaborazione: l’autore della sceneggiatura, l’autore dell’adattamento, l’autore del testo parlato, l’autore della composizione musicale con o senza parole realizzata espressamente per l’opera e il regista» [traduzione mia].
La natura esemplificativa della lista di coautori ha permesso alla giurisprudenza francese di attribuire la paternità dell’opera filmica ad altri ruoli professionali, previa dimostrazione dell’apporto di un contributo originale significativo. Tra essi, si annoverano segnatamente: (i) lo scrittore dei dialoghi, il quale aveva dato prova di aver partecipato all’ispirazione del film congiuntamente ad altri coautori12, (ii) il progettista di un’emissione televisiva, per aver scelto il soggetto, le immagini e aver sviluppato le esibizioni sul palco13, (iii) il coreografo di un programma di varietà14, (iv) un capo cuoco nell’esercizio della sua professione15.
La bontà di una presunzione relativa di creatività e “coautorialità” dei ruoli tradizionalmente rilevanti è testimoniata dalla circostanza che essa lascia l’opportunità a coloro che svolgono funzioni creative atipiche di reclamare lo status di coautore, ogniqualvolta essi dimostrino la decisività del loro apporto al carattere originale dell’opera finale. In estrema sintesi, l’elenco di coautori può ammettere controprove e non costituisce un numerus clausus. Ad abundantiam, si tenga altresì conto che la maggior parte dei Paesi europei ha optato per la natura esemplificativa del catalogo di coautori, aprendosi ad eventuali funzioni creative inedite suscettibili di un’autonoma tutela qualificata.
Vincenzo Iaia**
1* Il presente scritto costituisce una sintesi di alcune delle considerazioni espresse nel saggio Un nuovo personaggio in cerca (del ruolo) d’autore nella trasposizione della direttiva “Digital Copyright”, in Il Diritto di Autore, IV, 2021, in corso di pubblicazione.
** Dottorando di ricerca in “Diritto e Impresa” presso la Luiss “Guido Carli”, assegnista di ricerca in Diritto Commerciale presso l’Università degli studi di Bari “Aldo Moro”, Of Counsel presso Akran Intellectual Property.
Direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE, L 130/92.
2 D.lgs. n. 177 dell’8 novembre 2021, Attuazione della direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE, GU Serie Generale n. 283 del 27 novembre 2021.
3 Art. 1, lett. d), d.lgs. n. 177 dell’8 novembre 2021, secondo cui «all’articolo 44, le parole “ed il direttore artistico” sono sostituite dalle seguenti: “, il direttore artistico e il traduttore”».
4 Art. 9, legge di delegazione europea del 22 aprile 2021, n. 53.
5 Da ultimo, Corte Cost., sent. n. 133 del 12 maggio 2021. Ex plurimis, cfr. Corte Cost., sent. n. 212 del 28 novembre 2018; Corte Cost., sent. n. 194 del 24 settembre 2015; Corte Cost., sent. n. 182 del 25 giugno 2014; Corte Cost., sent. n. 50 del 19 marzo 2014.
6 Corte Cost., sent. n. 133 del 12 maggio 2021.
7 Corte Cost., sent. n. 198 del 19 giugno 2018.
8 App. Roma, Sez. Proprietà Industriale e Intellettuale, 24 giugno 2013, n. 3603, in L. Trevisan, G. Cuonzo, Proprietà industriale, intellettuale e IT, IPSOA, Milano, 2017, p. 534.
9 La nazionalità italiana dei soggetti che ricoprono tali ruoli rileva ai fini dell’ammissione ai benefici finanziari previsti dal d.lgs. 28/2004, i quali sono subordinati al riconoscimento della nazionalità italiana del film prodotto.
10 App. Roma, Sez. Proprietà Industriale e Intellettuale, 24 giugno 2013, n. 3603.
11 Art. 5, comma 2, d.lgs. 28/2004.
12 Trib. di Grande Istanza di Parigi, I camera, 24 maggio 1989, in RIDA, I, 1990, p. 353, citata da V. Iaia, D. Caterino, Identificazione dei ruoli autoriali dell’opera filmica e scelte dei legislatori: brevi note di confronto tra il sistema italiano e quello francese, in SPRINT, 2017, unitamente alle tre decisioni successive.
13 App. Parigi, I camera, 9 febbraio 2000, in Jurisdata n. 121266.
14 App. Parigi, IV camera, 5 marzo 2004, in Propriété Industrielle, 2004, p. 909.
15 App. Parigi, I camera, 17 marzo 1999, in RIDA, IV, 1999, p. 202.