Standard Essential Patents: l’Ue ricorre all’OMC contro la Cina.
Cosa accade tra l’Ue e la Cina?
Il 18 febbraio l’Ue ha azionato una peculiare procedura dinanzi all’Organizzazione mondiale del commercio (in seguito “OMC”), attraverso la quale intende ottenere la censura della particolare condotta attuata dalla Cina: sanzionare le imprese estere che, in sede di tutela della proprietà industriale, decidono di rivolgersi a tribunali stranieri.
Il tema, in particolare, è quello dei SEP (Standard Essential Patents) e dei FRAND (fair, reasonable and non-discriminatory): quando un’impresa ottiene un brevetto essenziale (SEP), essa può ottenere il pagamento di royalty dalle altre imprese che adoperano quel medesimo brevetto; d’altra parte, queste ultime possono ottenere condizioni agevolate per lo sfruttamento dei SEP, in ossequio con quanto disposto dal “regime FRAND”.
Il regime FRAND, quindi, rappresenta uno strumento utile per evitare il contenzioso tra le imprese e stimolare l’innovazione; tuttavia, questi accordi sono spesso blindati dai grandi operatori e vivono di segretezza, oltre che di margini di contrattazione molto risicati.
Le criticità maggiori sorgono quando, allo sfruttamento di un SEP, non segue la sottoscrizione del regime FRAND e l’impresa titolare del brevetto è costretta a ricorrere all’autorità giudiziaria.
Finché a gestire il contenzioso sono le corti stabilite in Europa, i rimedi offerti dall’apparato normativo e da quello giudiziario permettono di ritenere sufficientemente tutelate le imprese titolari che abbiano subìto le condotte altrui; al contrario, ed è questo il motivo del risentimento europeo, pare che i tribunali cinesi tutelino eccessivamente lo sfruttamento illecito delle privative industriali.
Dall’agosto 2020, infatti, i tribunali cinesi emettono particolari provvedimenti chiamati “anti-suit injunction“, i quali ingiungono all’impresa lesa di sottoposti alla giurisdizione cinese onde evitare ammende per oltre 130.000,00 euro al giorno. La ratio sottesa alle ingiunzioni risiederebbe nella volontà della Cina di imporre agli operatori europei accordi al di sotto del regime FRAND e, cioè, a prezzi più bassi rispetto a quelli che le imprese applicherebbero nel resto del mondo.
La procedura.
Dal 1999 ad oggi l’Ue ha interpellato l’OMC settantuno volte, poco più di tre volte l’anno: ciò evidenzia la straordinarietà di questo strumento e lascia trasparire, al contempo, lo spessore delle preoccupazioni che lo hanno giustificato.
Durante i primi sessanta giorni dal ricorso alla procedura ci sarà un tentativo di dialogo tra le parti, il quale culmina con la rimozione delle misure afflittive, oppure con la nomina di un collegio arbitrale. Il Collegio, poi, sarà chiamato ad esprimersi sulla questione, con decisione appellabile entro 60 giorni ex art. 16 del DSU (dispute Settlement Understanding).
Dopo l’ulteriore ed eventuale discussione dell’appello, la decisione finale dell’OMC dovrebbe essere già sufficiente, tuttavia non vi è la certezza che la Cina si adegui all’eventuale decisione dell’Organizzazione.
Quali soluzioni avrebbe l’Europa in quel caso?
In ultima istanza non resterebbe altro che l’applicazione delle contromisure, pur consapevoli del fatto che esse hanno il sapore (amaro) della giustizia “fai da te”.
Antonio Allocca.